Il costume tradizionale upeghese è sostanzialmente identico a quello in uso in tutta la Terra Brigasca, già noto e descritto da viaggiatori, fotografi e pittori, fin dai Primi dell’Ottocento.
Questo tipo di abbigliamento, riferibile ai secoli XVII-XVIII, nella sua completezza è rimasto in uso a Upega fino al primo decennio del Novecento, per le donne, e fino al 1945 per gli uomini.
IL COSTUME FEMMINILE
Era di tue tipi: uno per svolgere lavori pesanti, e un’altro usuale (sia feriale sia festivo).
Il primo è quello più antico e può farsi risalire al Medioevo. È cessato nell’ uso intorno agli anni Trenta del secolo scorso. Si componeva di una camicia di tela di canapa naturale (a camiiž), sulla quale veniva indossata una pesante scamiciata (a pitoca) di “štamégna”, un tessuto in canapa e lana follato e garzato per renderlo più duraturo e impermeabile. Lunghe calze in lana rigate e scarponi di tomaia con suola chiodata completavano questa tipologia di costume.
L’ acconciatura, di diretta derivazione nizzarda, prevedeva una treccia avvolta intorno al capo e ricoperta da un largo nastro di velluto nero (ër vëlǜ). Sul capo, un fazzoletto in lana o cotone, per ripararsi dal freddo o dal sole.
Il costume usuale prevedeva una camicia in tela di canapa naturale (a camiiž) con il collo guarnito di merletti a fuselli di importazione, un giubbino in cotone o in lana (a gipa, a caṡaca), allacciato sul davanti con nastri blu o verdi, come la bordatura. Il giubbino presentava davanti, ai lati, due strisce di stoffa rossa (i cönsi rüsci) che, accostati o sovrapposti, costituivano uno sfondo su cui spiccavano i lacci. La gonna (e faude), molto arricciata, era in cotone o lana, di norma a righe verticali di colori vivaci. Sopra, si indossava sempre un grembiule, arricciato e legato davanti; ne esistevano, però, anche di più corti e raffinati, usati in occasioni particolari.
Uno scialle, un fazzoletto più colorato e decorato, magari in seta, completavano il costume festivo.
IL COSTUME MASCHILE
Era costituito da una camicia di tela di canapa naturale (a camiiž), chiusa al collo da un fazzoletto annodato a mo’ di cravatta (ër mëndiyë da col’), sulla quale si indossava una giacca di lana follata bordata di fettuccia blu o verde, di colore marrone nei giorni feriali, bianco in quelli festivi, chiusa da bottoni in ottone in uso alla Marina Militare Francese (a maya). Sotto la giacca si poteva indossare anche un panciotto (ër curpét). I pantaloni (e braghe d’ štamégna), appena sotto al ginocchio, erano fermati con due nastri blu (i ligami) che ricadevano in lunghi fiocchi sulle calze di lana bianca follata (e cause) ed erano confezionati in štamégna. In vita si portava una fusciacca (a liassa), perlopiù blu o nera, più raramente rossa. Ai piedi, un paio di scarponi di tomaia con spessa suola chiodata, anche in legno (i šcarpun, i socu, i sabò), e all’orecchio un anello d’oro (r’anëléta). Sul capo, un berretto a calza rosso e nero (a bréta), rimboccato o ricadente di lato, oppure un cappello in feltro scuro (ër capèe).